Video & Photo

1 videos

Recensione

Le storie vere, romanzate ad arte, vanno particolarmente di moda nel cinema recente, e rischiano paradossalmente, per cadenza, impostazione, progressione, epilogo, di assomigliarsi tutte.

Per fortuna Stephen Frears è un cineasta che sa il fatto suo (è capace di passare da piccoli film inglesi quali My Beautiful Laundrette o The Snapper a grossi prodotti hollywoodiani tipo Le relazioni pericolose, Eroe per caso o il più intimista Alta fedeltà, per poi tornare al minimalismo tagliente di Dirty Pretty Things – Piccoli affari sporchi, senza sprecare un centesimo di budget) e traduce egregiamente in immagini la vicenda di questa vedova londinese, abbiente e desiderosa di investire in qualsiasi modo il proprio denaro, incappata qualche tempo prima dell’ultimo conflitto mondiale in un teatro dismesso, il Windmill, da lei restaurato, affidato alle sapienti mani del direttore Vivian Van Damm, collerico ebreo d’origine olandese, e portato avanti tra difficoltà, screzi scontri e brillanti idee, come quella di denudare le fanciulle in scena e farne, per questioni di legge, delle statue viventi assai allettanti per il pubblico maschile.

I motivi che spingono la spiritosa ma intimamente triste Mrs. Henderson, cosciente dei propri limiti conoscitivi e relativamente disposta a sudati compromessi, a fare tutto ciò li scopriremo solo alla fine; quello che conta, comunque, è che la colta pellicola (che lo sia è evidente già dai titoli di testa in stile anni ’30), fra una serie di battute a raffica e una sequela di agghiaccianti bombardamenti d’epoca, al di là di qualche calo ritmico contenga una secca denuncia antimilitaresca (sebbene lo spettacolo debba continuare), e si fregi di un paio di attori da premio, Judi Dench e Bob Hoskins, impareggiabili nel duettare.

Max Marmotta