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Recensione

È volutamente e fieramente “pesante” l’ultimo lavoro di Paul Thomas Anderson, che la maggior parte dei cinefili associa a Magnolia ma che vanta pure i precedenti Sydney e Boogie Nights e il successivo Ubriaco d’amore.

E lo è più per l’importanza dei contenuti che per la potenziale noia che rischierebbero di suscitare in spettatori avvezzi a ritmi e linearità narrative maggiormente commerciali oltre due ore e mezzo di durata e una finemente irregolare scorrevolezza, fatta di lunghe e solo in apparenza immote sequenze e corposi dialoghi (i quali però cominciano dopo i primi silenti dieci minuti), nonché di impennate improvvise e a tratti crude (evocate dal titolo originale, “Scorrerà il sangue”, un futuro indicativo che genera un’impalpabile e temibile attesa).

I meriti del magnifico, e forse per qualcuno ostico, film (discendente dal romanzo ispiratore di Upton Sinclair Petrolio!) sono da ascrivere, oltre che alla conclamata abilità del regista che, rispetto alla sua precedente produzione, dimostra di saper cambiare radicalmente direzione, alle minacciose e per certi versi bislacche musiche di Jonny Greenwood, in grado di emozionare disorientando, e alla maiuscola prova di un Daniel Day-Lewis ormai deciso a centellinare le proprie interpretazioni.

Il suo ruolo è quello di Daniel Plainview, arricchitosi grazie alle estrazioni petrolifere tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo seguente, arido al pari dei terreni di cui si impossessa, con cinismo mascherato da progressismo, una volta sfruttati, incapace di autentico affetto nei confronti del figlio, considerato semplicemente come un continuatore della sua attività, e in scontro via via più aperto con un giovane predicatore dall’affettata vocazione, Eli (il notevole Paul Dano), a cui ha gabbato la famiglia.

Da vedere, con gli occhi giusti.

Max Marmotta