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Recensione

Con il cinema d’impegno civile, categoria peraltro rispettabilissima che ha dato frutti ineguagliabili, l’Italia ha a lungo affollato le sale e si è riempita la bocca, spacciando per contributi prodotti a volte limitati che di pregnante avevano solo un soggetto di partenza.

Per colpire nel segno, infatti, non bastano solo le intenzioni o la rappresentazione di una vicenda politica o giudiziaria più o meno nota o controversa, ci vogliono anche uno sviluppo narrativo e dei validi apporti professionali.

Poiché il problema del pressappochismo da fiction sembra essersi massicciamente spostato verso il tubo catodico, il momento appare particolarmente propizio per tornare sul genere, magari osando qualche percorso inedito.

Il nuovo film del validissimo Sorrentino, Premio della Giuria a Cannes 2008, si muove in tal senso, e si difende ottimamente quanto a risultati qualitativi coniugati a una rara arditezza formale.

Tentare di indagare intorno alla figura orgogliosamente misteriosa di Giulio Andreotti a partire dalla sua ultima presidenza del Consiglio dei Ministri, documentandosi a dovere e prestando grande attenzione a non sbilanciarsi (le sequenze su alcuni capi d’accusa sono da considerarsi immaginarie?), non era impresa semplice, ma il regista de L’uomo in più (che continua ad affidarsi – e come dargli torto – alla formidabile versatilità del protagonista Toni Servillo) l’ha affrontata con serietà e originalità, aggirando pure il rischio, paventato, del teatrino dei sosia così caro al Bagaglino: i fatti sono porti in chiave grottesca, però c’è uno sbalorditivo equilibrio che evita scivoloni nella caricatura gratuita.

Uno stile giovane e non giovanile, insomma, impietoso eppure in grado di lasciare allo spettatore completa libertà di pensiero su un personaggio centrale, nel bene e nel male, della storia della repubblica.

Max Marmotta