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Trama

Irreprensibile capitano dell’esercito peruviano, felicemente sposato e con ottime referenze, Pantaleón Pantoja riceve dal generale Collazos un singolare incarico.

L’ufficiale deve infatti mettere in piedi e gestire adeguatamente un giro di prostitute ad esclusivo uso e consumo dei militari di frontiera, già dediti a selvaggi stupri nei villaggi limitrofi.

Obbligato a mantenere segreta l’operazione e la propria identità, Pantaleón si mette in affari con l’esperta Chuchupe e dà il via a una serie di rigorose selezioni.

Olga Arellano, detta la Colombiana, la più sensuale tra le ragazze assunte, mostra subito interesse per l’uomo mettendone a repentaglio la vita coniugale.

Recensione

Grosso successo in patria, arriva anche sui nostri schermi, sebbene con notevole ritardo, la penultima opera di un regista sconosciuto in Europa quanto notissimo in Perù.

Remake multigenere di un film del 1975, codiretto dallo stesso romanziere Mario Vargas Llosa, Pantaleón e le visitatrici si apre all’insegna di una feroce satira sulle autorità, condita con gli elementi caratteristici della commedia piccante pronti a sfociare nell’erotismo vero e proprio.

Mentre nella seconda parte prende lentamente piede una lettura metaforica della tipica situazione politica sudamericana, principalmente tramite l’evoluzione dello splendido protagonista (Salvador Del Solar).

Plausibile idiota-sapiente, capace di trovare le adeguate motivazioni solo in un superficiale patriottismo, diventa egli stesso una parodia quando si vota ad ingrassare con bacchettona efficienza i privilegi di pochi, senza disdegnare un ossessivo gusto per l’immedesimazione (momento in cui si colloca la relazione con la Colombiana/Angie Cepeda).

Le conseguenze drammatiche, pubbliche e private, sono inevitabili, ma il finale che ne scaturisce espone la sua morale tracciando un ideale percorso di redenzione: il funzionario un tempo elogiato si trova a ricoprire per punizione un incarico secondario paradossalmente più utile dei precedenti.

Pur privata nella versione italiana dei diciannove minuti attinenti al processo subìto dal capitano, la pellicola non arriva a nascondere un’infelice scelta dei tempi.

Senza contare la discutibile selezione cromatica operata da Teodoro Delgado e la scarsa cura per i personaggi secondari.

Sax Marmotta