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Recensione

I registi di Boris (serie tv e film) provano a proporre qualcosa di diverso in attesa dei soliti prodotti delle feste; un’opera marcatamente grottesca (con concessioni alla tradizione comica, specie nel prologo) che, di base, scartavetri ogni patina di buonismo per palesare spietatamente (quantomeno nelle intenzioni) l’ipocrisia che si cela nelle riunioni parentali.

Più che un gioco al massacro, però, si inscenano due punti di osservazione “privilegiati”, quelli dei neo-fidanzatini che debuttano nelle rispettive famiglie.

Lui (Cattelan, volto televisivo che qui osa il passo cinematografico) accetta di trascorrere la sera del cenone in provincia, nell’umile casa d’origine della compagna, invasa da congiunti quasi selvatici; malgrado la buona volontà dello spaurito ospite, le cose non vanno per il meglio, così lei (la zelante Mastronardi), in cerca di pacificazione, il giorno appresso si reca nella lussuosa magione del boyfriend, dove è in atto una viscontiana lotta per il potere – ulteriormente funestata dal suicidio di un domestico – che rischia di far saltare il pranzo.

Il pungente confronto tra sottoproletari e magnati riesce, sebbene non tutto vada a segno, e bisogna registrare anche degli scompensi recitativi fra i pur bravi interpreti (troppo “cabarettistico” Guzzanti, per esempio), ma l’idea di far recitare i membri dei due clan agli stessi attori (al cast dobbiamo aggiungere almeno Stefano Fresi e Andrea Sartoretti) è il vero asso nella manica del lungometraggio.

Citazione obbligata per Morante, Mastandrea e Giallini.

Max Marmotta