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Trama

Dopo una movimentata proposta, avvenuta in un ristorante, fervono i preparativi per il matrimonio tra Jim Levinstein e Michelle Flaherty.

Il padre del primo gongola perché pensa che l’evento soddisferà particolarmente la propria anziana madre, mentre i genitori della seconda scrutano con scetticismo il futuro genero.

Gli amici storici di quest’ultimo, Kevin e Finch, si prodigano molto per aiutarlo, per esempio accompagnandolo in una sartoria di Chicago da cui Michelle vorrebbe confezionato l’ abito (durante la spedizione conosceranno il robusto e disponibile Orso), ma nella comitiva si intrufola l’odioso Stifler, ora autista di scuolabus e vice-allenatore di football.

Usando le solite cattive maniere, l’intruso non vede l’ora di partecipare ad una selvaggia festa di addio al celibato e, spacciandosi per un ragazzo fragile e poetico, prova, in diretta concorrenza con il rivale Finch, a portarsi a letto Cadence, sorella della sposa; ottenuta la fiducia dei Flaherty, questi gli affidano malauguratamente l’anello di nozze.

Recensione

Arrivata al terzo capitolo, la serie American Pie celebra il suo primo matrimonio tra due dei protagonisti.

Quattro gli assenti ingiustificati di un così importante evento, anche perché mai neppure nominati dalla sceneggiatura: Oz (Chris Klein), Heather (Mena Suvari), Vicky (Tara Reid) e Nadia (Shannon Elizabeth).

Pure il doppiaggio cantilenante di Michelle è inspiegabilmente sparito, ma che importa: quando c’è il “marchio di fabbrica” la gente accorre.

Veniamo al film: personaggi ormai collaudati dagli attori –Biggs (Jim) e Scott (Stifler) sono ormai inarrivabili–, volgarità e sequenze al limite dello schifo (con al centro peli pubici o pupù di cane), situazioni che si manifestano sempre e solo nel momento di massimo imbarazzo, donne stupende.

Dunque, gli ingredienti della “torta” non sono cambiati, anche perché ad impastarla sono ancora i fratelli Weitz (alla produzione), mentre non sembra contare molto chi sta dietro la macchina da presa (nella fattispecie, il figlio di Bob Dylan).

Ad ogni buon conto, non tutto è opportunamente collegato, ma per chi cerca la risata crassa (non continuativa) non sarà un problema.

Max Marmotta