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Trama

A pochi giorni dal Natale, in una Torino paralizzata da uno sciopero senza precedenti, si incrociano i destini del pony-express Dante Cruciani e della hostess spagnola Nina.

L’uomo ha un lavoro insoddisfacente, il padre in galera e un debito di ventimila euro con la gang di Skorpio.

La donna è rimasta bloccata nella città della Mole, è alla disperata ricerca di una camera ed è stata piantata dal fidanzato Jordi.

Imbattutasi in Tolstoj, dipendente del Grand Hotel amico di Dante, Nina accetta le chiavi dell’appartamento del pony-express, il quale è partito per girare il mondo.

La hostess, che non può rimbarcarsi prima del 27, si stabilisce nella casa rimettendola in ordine, fa amicizia con alcuni abitanti del quartiere, tra cui Stampella, Smeg e un tassista antiberlusconiano, incontra Skorpio e impara a conoscere Dante leggendone i diari e le lettere.

Frattanto, lo sfortunato viaggiatore, costretto a rinunciare al suo progetto, sta tornando in Italia.

Recensione

Se avete gradito il divertente Santa Maradona, allora sarebbe un vero delitto privarsi della seconda fatica di Marco Ponti.

Scelta ancora una volta come location Torino, fotografata con luci gotiche alla Tim Burton, l’autore piemontese confeziona una pellicola che oscilla con umorismo tra la vecchia avanguardia della Nouvelle Vague e la commedia all’italiana, con la “C” maiuscola, di Monicelli.

A una prima parte preda di uno stile frenetico, segue un’ampia sezione mediana, dove la storia d’amore tra Dante (il bravo De Rienzo) e Nina (la deliziosa Incontrada) viene affrontata con toni onirici, per poi cedere il posto a un epilogo incentrato su un’assurda rapina organizzata da un altrettanto assurdo gruppo multietnico di “soliti ignoti” (inoltre il protagonista si chiama come lo scassinatore impersonato da Totò).

Certo c’è molta carne al fuoco, non tutti i dialoghi sono scoppiettanti come nell’opera prima e alcune macchiette risultano davvero superflue, ma il linguaggio moderatamente goliardico e la direzione equilibrata, anche dei caratteri (su tutti l’aristocratico Kabir Bedi/Tolstoj), permettono al film di farsi apprezzare, magari dopo qualche tempo.

Il titolo durante la lavorazione era Da nessuna parte.

Sax Marmotta