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Trama

Giovanni è un affermato penalista, sposato e padre di un figlio, amante da quattro anni del notaio Sara.

Proprio quando vorrebbe imprimere una svolta a questa relazione clandestina, l’avvocato viene abbandonato senza motivo apparente.

L’impossibilità di rintracciare la donna che gli ha dato il benservito lo fa piombare in un terribile stato depressivo (detto “graffio dell’anima”), che gli impedisce di lavorare e, successivamente, persino di nutrirsi.

Lo psicoterapeuta Doddoli prende a cuore il suo caso, lo invita a confidarsi e a raccontargli questa tormentata e cocente relazione.

Dopo qualche resistenza, Giovanni cede… .

Recensione

Maurizio Costanzo era già stato co-autore di sceneggiature e nel 1978 aveva persino diretto una commedia con Enrico Montesano, Melodrammore.

È anche l’ideatore di questo soggetto drammatico-romantico-metafisico trasformato in pellicola con meno estro del solito da Alessandro di Robilant, già autore , fra l’altro, di due interessanti film di denuncia (il biografico Il giudice ragazzino e il grottesco I fetentoni).

In effetti, il regista non era la scelta più ovvia: il suo apporto si riduce a un’elegante narrazione per flashback (che ci mostra prima la vita precedente di Giovanni, quindi il punto di vista di Sara, che lo aveva inconsapevolmente salvato dal grigiore), ritmata dalle belle ma non sempre calzanti musiche di Aldo De Scalzi e Pivio.

Forse è un lavoro abbastanza sincero, d’altro canto è patinato e rende Francesca Neri più antipatica di quanto non richieda il copione; altra storia per Giannini e Solfrizzi, vanamente efficaci.

In pratica, il risultato è disomogeneo, e si contano più bassi (compresi i costumi di Carolina Olcese) che alti.

Max Marmotta