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Trama

È il 1986. Il diciassettenne Lloyd Christmas, figlio del bidello Ray, vive nel seminterrato del liceo in cui studia.

Una mattina, mentre si allontana da casa in modo da poter prendere anche lui il bus al pari dei suoi compagni, si scontra con il coetaneo Harry Dunne, al suo primo giorno di scuola (finora ha studiato con la madre).

Tra i due ragazzi, tutt’altro che brillanti, si instaura subito una profonda solidarietà. Il perfido preside Collins, in cerca di una lucrosa sovvenzione pubblica da trafugare insieme alla sua amante Heller, responsabile della mensa, li adocchia e s’inventa una classe speciale per minus habentes, coinvolgendo la coppia di idioti nel “reclutamento” di altri alunni sfortunati.

Ma la graziosa allieva Rachel, decisa a trovare uno scoop per il giornale della scuola, fiuta la truffa… .

Recensione

Perché realizzare un sequel, anzi un prequel, di un film comico (ma neanche poi tanto) di nove anni prima, che non può vantare neppure il richiamo dei due protagonisti di allora, vale a dire gli ineffabili Jim Carrey e Jeff Daniels? Per soldi? Ma al pubblico non piace farsi prendere in giro (pecuniariamente parlando).

Per sfoggiare qualche imprevedibile colpo di genio? Neanche: la pretestuosa, vergognosa, penosa sceneggiatura non ha nessuna ragione di esistere.

E le comparse vengono fatte camminare avanti e indietro, e mancano molte scene del trailer, e ci sono inquadrature stampate al contrario… Il regista Troy Miller, già autore del disneyano Jack Frost (che dopo questo lavoro merita grande rivalutazione), si limita a riprodurre con una certa coerenza lo stile e il tono delle gag del primo film, affidandosi ai quasi sosia giovanili di Carrey e Daniels, cioè gli “speciali” (cosa non ci si inventa per aggirare i vecchi termini) Olsen e Richardson, i quali riproducono comunque benino le movenze dei loro modelli (il più bravo, però resta Levy con il suo preside fintamente furbo).

Alcuni “ragionamenti” o situazioni come quella della banana in tasca o della cioccolata sciolta magari possono fare sorridere, ma sono il prototipo di quell’umorismo di bassa lega che bisogna saper maneggiare con cautela per evitare che ti si ritorca contro.

Difficile stabilire se i riferimenti a Clinton e a Shakira sono ulteriori buchi abissali dello script o scempiaggini peggiorative del doppiaggio.

Quello che rimane, in definitiva, è il dubbio iniziale: perché? .

Max Marmotta