A Natale mi sposo

Boldi sarebbe un bravo comico se non si svendesse, nell’insistita lotta ormai a distanza con l’ex-sodale De Sica, in film di così scarsa consistenza, privati della benché minima cura sia nella narrazione (il soggetto è dello stesso attore, che in un primo tempo avrebbe anche dovuto dirigerlo), sia nella costruzione delle spente gag.

E se rispetto al precedente La fidanzata di papà, risalente a due anni fa (eh sì, abbiamo saltato un “turno”), è riscontrabile un minimo di impalcatura in più, c’è un preoccupante ritorno alla volgarità, da cui proprio il protagonista aveva dichiarato di volersi allontanare per distinguersi dai cinepanettoni della Filmauro e per rivolgersi più direttamente al pubblico delle famiglie.

La trama, per quel che importa, vede il cuoco Gustavo Godendo (sic!), sacrificato in un rozzo locale romano, in trasferta per un banchetto di nozze a Saint Moritz – con il suo raffazzonato staff che comprende il chiassoso cameriere e pugile a riposo Rocky (ma che fantasia!) e lo sguattero gerontofilo Cecco – per un equivoco provocato intenzionalmente dal figlio Fabio, che intende impedire il matrimonio della sua fiamma non estinta Chris.

Pure gli arricchiti genitori della sposa hanno qualche contrasto da sanare. Oltre alle questioni irrisolte e alla cronica mancanza di idee, la commedia di Paolo Costella (alle spalle due opere curiose come Tutti gli uomini del deficiente e Amore con la ‘S’ maiuscola) accusa uno spreco scellerato di risorse: a parte Brilli e Salemme (che vedremo di nuovo impegnato con il medesimo regista in Baciato dalla fortuna), già coniugi ai ferri corti in Ex e qui al minimo sindacale, si segnalano Riccardo Miniggio in arte Ric, la tenera “buzzicona” Anna Longhi e persino l’apprezzata teatrante Valeria Valeri; Andrea Roncato l’hanno addirittura tagliato al montaggio… .