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Recensione

Di solito sono i Vanzina a occuparsi di “ricaricare” film o serie della loro factory, ma Oldoini di recente aveva osato di più con I mostri oggi (a onor del vero usando ingredienti simili a quelli della ricetta originale).

Ora tocca a Parenti, che addirittura rispolvera la cattiveria di Amici miei in una commedia che, senza dirlo, parla degli avi dei personaggi incarnati da Tognazzi & C., autori delle famose zingarate (scherzi crudeli ai danni di terzi oppure “interni” alla cricca), tant’è che l’azione si svolge nella Firenze medicea di fine XV secolo, messa in ginocchio dalla peste.

C’è Filippo (De Sica), adultero che si finge malato per ingraziarsi la moglie; poi Cecco (Panariello), bottegaio superstizioso, Manfredo (Ghini), fannullone indebitato con prole, Jacopo (Hendel), cerusico disinteressato alle donne, e Duccio (Placido, non meno goliardo dei colleghi ma a volte sperduto), politico svogliato.

Uno dei loro bersagli è il legnaiolo Alderighi (Ceccherini), rugbista ante litteram al quale sottraggono l’identità, ma il brano migliore è forse quello con il padrone di casa Eros Pagni (nel nutrito cast appaiono inoltre Barbara Enrichi, Alessandra Acciai, Ainett Stephens, i veraci Forconi, Paci e Ariani).

Questo per sottolineare che se il montaggio evidenzia delle pause, soprattutto nella prima metà, per converso la scrittura, alla quale ha partecipato pure il compianto Piero De Bernardi, unica firma in comune con la trilogia di Monicelli e Loy, non è necessariamente deprecabile, e il dispiegamento di mezzi (scene e costumi) è notevole.

Tuttavia, un favore potevano farcelo: rinunciare all’attaccaticcio rimando finale (e a qualche sparuta sequenza che rifrulla la fonte d’ispirazione o perfino E ridendo l’uccise) e scegliere un titolo diverso.

Ne sarebbe uscito un omaggio da dichiarare, evitando di scomodare i numi.

Max Marmotta