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Recensione

Strutturare un thriller d’azione dai toni leggeri (non vacuo, comunque) come un buddy movie significa imboccare una strada sdrucciolevole.

Perché nonostante l’apparente commistione di generi molto, moltissimo è già stato fatto (e visto) in questo senso, e inventarsi qualcosa di originale risulta praticamente impossibile.

Il capace regista islandese Baltasar Kormákur dimostra di conoscere i rischi dell’operazione (in ogni caso supportata dalla scattante sceneggiatura di Blake Masters, tratta da un romanzo grafico), e ci si butta a capofitto.

Recluta nuovamente Mark Wahlberg, con il quale appena un anno prima aveva già realizzato il teso Contraband, e gli affianca Denzel Washington, uno che quando non strafà (accade di rado, ma accade) rientra nel novero dei migliori attori su piazza.

Detto questo, bisogna ammettere che i due (la cui sintonia sullo schermo è palpabile), nei panni rispettivamente di un marinaio e di un agente della DEA infiltrati, all’insaputa l’uno dell’altro (e con scopi diversi), all’interno del giro della droga che conta, sono supportati magnificamente da un cast di comprimari inappuntabile: dall’ambiguo superiore Marsden al crudelmente pragmatico Paxton, dalla sinuosa ma grintosa Patton a un ingrassato e autoironico Olmos (che ci mancava).

Il tutto in un meccanismo di “botta e sorpresa” e andirivieni temporali per certi versi irresistibili.

E per quanto riguarda l’impressione di déjà vu da cui siamo partiti: per non infastidire bisogna saperci fare anche in questo.

Max Marmotta