Cars 2

La Pixar, con i suoi cartoni animati digitali, ci ha abituato a livelli qualitativi molto alti. Le sue produzioni, grazie anche a sceneggiature intelligenti, incontrano il favore del pubblico, ed è inevitabile, in un’ottica commerciale, che i personaggi di maggiore successo entrino a far parte di vere e proprie serie.

È successo con i capostipiti di Toy Story, accadrà con i simpatici sgorbi di Monsters & Co.; ma fra tutti gli altri possibili sequels, quello dell’acclamato (troppo?) Cars era meno auspicabile.

Non certo per il tasso spettacolare delle sue sequenze: in questo senso, anzi, il coloratissimo e sfrecciante prototipo del 2006 non aveva eguali.

Il problema è semmai insito in un altro paio di componenti. La prima è la durata: due ore, raggiunte pure in questo n.2, sarebbero eccessive in un cartoon popolato di bestiole antropomorfe, figuriamoci in uno che descrive un mondo fatto unicamente di macchine.

Ricordiamoci che ufficialmente sono i bambini i principali fruitori del film, e tralasciamo il fatto che la materia automobilistica sia più allettante per i maschietti.

E qui, per l’appunto, subentra il secondo potenziale ostacolo. Siamo sicuri che questo mondo metallizzato e fiammante, abitato da esseri che hanno gli occhi sul parabrezza e che per incontinenza perdono l’olio (ma allora perché mangiano il wasabi?) possa reggere il gioco fino alla fine? Se il clou è rappresentato dalle gare (quelle che deve affrontare in Giappone, Italia e Inghilterra Saetta McQueen, sfidato dal tronfio Francesco Bernoulli e seguito dal fido e disastroso Cricchetto, finito suo malgrado in un intrigo spionistico legato al carburante ecologico che sponsorizza le competizioni), l’intreccio di mezzo risulta appassionante solo per gli accompagnatori adulti.

Ai bimbi il sempre strabiliante aspetto grafico (in 3D, per chi vuole) basterà? .