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Recensione

E se il mondo fosse la capitale del Belgio e lì risiedesse un tizio più prepotente che onnipotente (l’adunco Poelvoorde, giunto alla prova definitiva della sua versatilità) con moglie remissiva (incarnata con impercettibile sensibilità da Yolande Moreau), pantofolaio e dispettoso, il quale si diverte, tramite un vecchio PC e uno schedario illimitato, a scrivere delle leggi assonanti a quelle di Murphy per regolare la vita umana? E se la secondogenita di costui (la deliziosa Pili Groyne), decenne stanca di costrizioni, si ribellasse a un simile sistema, compiendo un risoluto gesto di rottura (per esempio inviare a ogni telefonino la data di morte del suo possessore) e mettendosi in cerca di sei apostoli supplementari (una è la ricca e annoiata Deneuve) che, partendo dalle proprie miserie (anche morali), possano dettare un Nuovissimo Testamento a un homeless evangelista? Non è mera provocazione, e – a meno di giudicare sbrigativamente le storie personali dei seguaci, eloquente campionario di insoddisfazioni ed emarginazioni odierne – nemmeno una scopiazzatura stilistica di Jeunet; piuttosto, è l’opera miratamente grottesca, schematica eppur tortuosa di un regista tanto geniale quanto parsimonioso (appena cinque titoli in 24 anni), autore nel 1991 di quel gioiello di culto che è Toto le héros.

L’obiettivo non è la perfezione, ma osservare la realtà sotto una lente deformante.

Il titolo italiano traduce la tagline originale.

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Max Marmotta