
Halloween
- David Gordon Green
- Andi Matichak, James Jude Courtney, Jamie Lee Curtis, Judy Greer
- Horror
- Stati Uniti
- 18 October 2018
Recensione
Singolare operazione quella condotta, con benedizione e partitura di John Carpenter, dal quantomeno eclettico David Gordon Green, uno capace di spaziare con disinvoltura da commedie pecorecce come Strafumati e Lo spaventapassere a drammi attentamente strutturati quali Joe e Stronger, tanto per limitarci ai titoli distribuiti da noi (altrimenti si potrebbero aggiungere alla prima categoria Sua Maestà e alla seconda Manglehorn), alternando tanto i toni quanto i risultati.
Tracciando quasi un universo alternativo degno delle migliori saghe a fumetti, si trattava di ignorare fieramente i numerosi (7) sequels più o meno ufficiali appioppati nell’arco dei decenni all’originale diretto dal maestro del brivido intelligente nel 1978, nonché il dittico di Rob Zombie (2007-09) che provava a scoprire le radici del silente e camuffato assassino, “distillato” del male, e ricollegarsi a bomba proprio al film di un quarantennio fa.
Dunque niente sopravvenute morti dei personaggi principali (vedi il “celebrativo” 20 anni dopo e il forzato La resurrezione), bensì un temerario rilancio degli stessi, non per niente interpretati ancora da Jamie Lee Curtis e – dietro la raggelante maschera modificata del Capitano Kirk di Star Trek (quanti lo sanno?) – Nick Castle, frattanto specializzatosi nella regia (Giochi stellari, Dennis la Minaccia).
E niente parentele posticce tra di loro! Quindi. Ritroviamo Laurie, anziana ed emarginata, traumatizzata dai delitti che segnarono la sua giovinezza, blindata nella sua casetta di campagna, detestata per le sue manie dalla figlia Karen (Judy Greer) e benvoluta dalla nipote Allyson (Andi Matichak).
Da tempo la donna si prepara a riaffrontare Michael Myers, ricoverato da quel dì in un manicomio criminale dal quale, ne è certa, presto o tardi fuggirà.
Così accade: il possente e inarrestabile killer, “ri-innescato” dalla visita di una coppia di giornalisti decerebrati (Rhian Rees e Jefferson Hall), scappa con facilità in occasione del suo trasferimento definitivo in un carcere di massima sicurezza e, nonostante non sia più un giovanotto, scatena di nuovo tutta la sua furia omicida.
Il problema sta appunto qua: a Michael all’inizio vengono attribuiti cinque omicidi, scelleratamente moltiplicati nel corso della trama.
Anche la figura dell’esaltato “erede” del dr. Loomis, il dr. Sartain (impersonato nientemeno che dal turco Haluk Bilginer, protagonista de Il regno d’inverno) è un po’ sopra le righe.
Nulla di davvero grave, comunque. Il tentativo di aggiornamento (pure con raccapricci supplementari) di un classico seminale (che a qualcuno perciò appare erroneamente datato), peraltro riproposto in sala nei giorni scorsi, sta riscuotendo il favore del pubblico (già si parla di un ulteriore seguito).
Con piccoli, simpatici espedienti (lo stile dei titoli di testa, alcune inquadrature volutamente copiate) che aiutano a conseguire l’obiettivo.