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Recensione

Quasi ai livelli di Harry Potter e la camera dei segreti, questa attesa trasposizione per il grande schermo del quarto libro delle gesta del maghetto più famoso del mondo, preceduta da vane polemiche su scene presumibilmente orripilanti per i bambini, vanta una certa compattezza, necessaria per affrontare tematiche così diverse e impegnative per il pubblico di giovanissimi a cui è principalmente indirizzata (anche se, si sa, gli adulti se la godono ugualmente): la predestinazione (benché Harry sia scelto per una pericolosa gara di magia non proprio casualmente), i primi batticuori, la morte.

Merito del regista Mike Newell (Quattro matrimoni e un funerale, ma non dimentichiamoci Donnie Brasco), che, senza comunque trascurare alcun ruolo, dà il giusto risalto all’edificante rettitudine del quattordicenne Harry (Daniel Radcliffe, ormai tutt’uno con il personaggio), che trascende qualsiasi agonismo o voglia di primeggiare.

Altro elemento da registrare (in così poco spazio) è la sfilata di ottimi attori britannici che sta attraversando l’intera saga: a Branagh, Rickman, Thompson, Oldman, Spall, Thewlis (giusto per fare dei nomi), si aggiungono ora un irriconoscibile Ralph Fiennes, una pettegola Miranda Richardson e un guercio Brendan Gleeson (che, a rigore, è irlandese).

Max Marmotta