
I banchieri di Dio – Il caso Calvi
- Giuseppe Ferrara
- Giancarlo Giannini, Omero Antonutti, Pamela Villoresi, Rutger Hauer
- Drammatico, Thriller
- Italia
- 7 March 2002
Trama
Negli anni ’70 Roberto Calvi rappresenta un punto di riferimento nel mondo finanziario italiano: presidente del Banco Ambrosiano, è ammanicato con Sindona, Ortolani, Gelli e la sua P2, lo I.O.R. dell’alto prelato Marcinkus, ed è nella posizione di prestare ingenti somme ai partiti politici o a movimenti quali Solidarnosc.
Quando viene avviata un’indagine contro di lui, il terreno comincia a franargli sotto i piedi. Accusato di spostamenti di capitale illeciti, è processato, incarcerato, rimesso provvisoriamente in libertà.
In seguito all’insanabile crack della sua banca, con l’aiuto dei faccendieri Francesco Pazienza (che si occupa della moglie Clara e dei due figli) e Flavio Carboni tenta di riparare all’estero, prima in Austria, poi a Londra, dove trova la morte il 17 giugno 1982, impiccato al ponte dei Frati Neri.
Recensione
Il cinema d’impegno civile, un tempo rinomato in Italia, ha smarrito la via. E pensare che Giuseppe Ferrara, pur con i suoi crescenti difetti, con Cento giorni a Palermo, Il caso Moro, Giovanni Falcone si era guadagnato la fama di portabandiera del genere.
Non che le ricerche su cui è basata la sua sceneggiatura (la quale, oltre ai poteri occulti di ogni sorta, compresi servizi segreti, mafia e camorra, tira in ballo il rapimento di Cirillo, il coinvolgimento dell’Opus Dei e i rapporti del papa, programmaticamente mai inquadrato, con il protagonista) siano prive di fondamento, tutt’altro: c’è precisione nella ricostruzione cronologica degli eventi (e il fatto di saltare confusamente qualche passaggio rende il film comunque lungo).
Quello che non va, a parte un’affiorante sciatteria, è l’inspiegabile macchiettismo dei personaggi: accenti (regionali o esteri), somiglianze (il sosia di Craxi, Zerbinati, sdoganato dal Bagaglino), imitazioni gettano spesso nel ridicolo, con l’apporto di sciocchi dialoghi “di sintesi” e di troppe didascalie, un’importante e poco edificante pagina di storia italiana.
Ad ogni modo, è interessante notare che la delegittimazione dei magistrati non è una trovata recente.
Disorientati gli attori: Antonutti-Calvi –ruolo che avrebbe voluto Volonté– resta bravo, ma la moglie Villoresi sembra capitata sul set per caso.