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Recensione

Nessun nesso con il discreto thriller The Guilty – Il colpevole (2000).

Qui, semmai, risaltano le unità aristoteliche che aggiungono mordente pure – per citare titoli recenti – al non esaltante Buried – Sepolto, a Locke o al serrato Victoria.

Ma l’esordio del già ammirevole Möller non è né claustrofobico quanto il primo (benché, essendo ambientato in poche stanze, l’idea trapeli) né congegnato in un unico piano-sequenza come il terzo, però esibisce il medesimo format telefonico” del secondo (e qualche inevitabile punto debole).

Asger (Cedergren, premiato all’ultimo TFF insieme allo script del regista e di Emil Nygaard Albertsen) è un agente declassato al servizio di centralino; l’indomani dovrà rispondere della sua condotta impulsiva davanti a un giudice (non diciamo perché).

La tensione (peggiorata dalla taciuta chiusura di una relazione) e la voglia di riscatto lo portano a gestire un sospetto caso di rapimento (e non solo) con una risolutezza ammirevole, che tuttavia tradisce bruscamente la sua fallacia.

La trama si dipana fino a un capovolgimento quasi traumatico, che lo pone letteralmente sotto un’altra luce; un percorso non a caso sviscerante, per guardarsi dentro, confessarsi, fino a una conclusione appena attutita.

I colleghi paiono ombre, il resto del cast è esclusivamente vocale.

Ascoltare le varie chiamate con i rumori di fondo produce un notevole esercizio d’immaginazione nel pubblico.

Perciò il film merita.

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Max Marmotta