Video & Photo

1 videos

Recensione

In questo zoppicante avvio di stagione popolato di horror ambiziosi (S. Darko) o stereotipati (Il messaggero) e di commedie demenziali (Sex Movie in 4D) o per famiglie (Alieni in soffitta), ci soffermiamo su queste ultime analizzando Il mistero della pietra magica, di quell’artista avventato e poliedrico (perfino tecnicamente, dato che qui si occupa di sceneggiatura, fotografia, montaggio, musiche, effetti visivi e produzione, e a volte fa pure di più!) che è Robert Rodriguez, capace di passare da un genere all’altro con estrema disinvoltura senza mai dimenticare il suo amore per i cartoons (in particolare, aveva già girato Le avventure di Sharkboy e Lavagirl e la trilogia di Spy Kids), sodale di Tarantino; forse non è un caso l’impressione di “visione propedeutica a Pulp Fiction” che si ricava da questa sua recente fatica.

Che, è importante ricordarlo, in inglese si chiama Shorts, non solo a causa del cognome (oltre che di un marmocchio attore) di tre scatenati fratellini, fra i giovanissimi e versatili protagonisti (uno, Rebel, è figlio del regista, e non è l’unico parente presente nel cast) della rocambolesca e prevedibile storiella (un sasso dei desideri che passa fra le mani, in qualche frangente inconsapevoli, degli abitanti di una cittadina ingrigita dall’industria della multifunzionale Black Box), ma anche per la struttura a brevi e buffi episodi (quasi delle Merrie Melodies), proposti alla rinfusa (con un surreale prologo) per stimolare l’attenzione dello spettatore (sebbene ci sia qualche piccola falla).

E poi, l’antipatica Helvetica (Jolie Vanier) accompagnata da sigla personale, le partecipazioni divertite (da un inedito Spader a un piacevolmente ritrovato Cryer), riferimenti al cinema di serie B, il gusto (infantile) per il disgusto, tutto contribuisce alla riuscita dell’innocente eppure acuta pellicola.

Max Marmotta