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Trama

New Hampshire, 1873. Sull’isola Smuttynose abita una piccola famiglia di emigrati norvegesi che vive di pesca. Maren e suo marito John, pur conducendo un’esistenza difficile, non rifiutano ospitalità a nessuno.

Così, tra parenti e amici, la casa si popola e aumentano di pari passo le incombenze di Maren. Una notte vengono ritrovati i corpi di due donne orribilmente martoriati. Maren accusa il pescatore Louis Wagner che viene impiccato. Dopo più di cento anni la fotografa Jean, accompagnata dal marito poeta Thomas, torna sull’isola per un servizio giornalistico, e inaspettatamente farà luce su questo presunto errore giudiziario.

Recensione

A cinque anni da Strange Days torna Kathryn Bigelow, con un film ispirato a un antico fatto di cronaca.

Un’opera personale, lontana dai clamori, che esce quasi in sordina accompagnata da un’orribile locandina.

Un film dove la regista concentra la sua attenzione su due donne che soffrono in silenzio: Jean, moglie e madre dei giorni nostri, e Maren, emigrata norvegese dal passato doloroso, sposata con un uomo che non ama.

Il tocco elegante della Bigelow ci guida in un viaggio che oscilla in continuazione tra due secoli, dove le scelte più felici sono concentrate nella narrazione delle vicende della piccola comunità europea trapiantata negli Stati Uniti.

Le belle e ipnotiche musiche di David Hirschfelder donano grande fascino ad alcune sequenze, ma le frequenti parentesi filosofiche (legate a un notevole consumo di alcol) costituiscono delle pesanti lungaggini.

Un vero peccato, perché se da un parte Sean Penn è una sorta di Dylan Thomas incapace di amare e la Hurley è una ridicola vamp-intellettuale, dall’altra colpisce l’intensità di Catherine McCormack e della sua alter ego Sarah Polley.

Molte tracce si perdono durante il film, il che lascia grandi libertà interpretative allo spettatore, ma anche grandi perplessità.

Sax Marmotta