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Trama

Stella sta per maritare l’indaffarato Andrea. Il suo vestito da sposa è caratterizzato da alcuni nastrini rossi, e quando lo prova nella sartoria di Franco è evidentemente felice.

Purtroppo, è uno stato che dura poco; dopo aver salutato il fidanzato, la ragazza, studente di veterinaria, è sorpresa mentre legge sotto un grande albero in aperta campagna da quattro cacciatori a volto coperto, che la incappucciano con un sacco di iuta e abusano di lei.

Il trauma, accentuato dall’inerzia della madre Giselda e di Andrea (ma anche dell’amica Eva), conduce la giovane a chiudersi in sé ed abbandonare l’università.

Solo dopo un po’ di tempo Stella decide di dare una svolta alla sua vita, trovando un piccolo impiego (al fianco del timido Rosso) presso l’accogliente pasticceria di Gigi, in un paese vicino, nei pressi del negozio dell’ambiguo Franco.

Proprio con quest’ultimo, che spesso si accompagna ai poco raccomandabili amici Augusto, Umberto e Niky, inizia una tenera amicizia.

Recensione

Ispirato ad un fatto di cronaca risoltosi in maniera ben più cruenta, il film di Fiorella Infascelli (figlia del produttore Carlo, sorella e zia dei registi Roberto e Alex, già autrice de La maschera e Zuppa di pesce), allunga le fila delle opere – firmate, ad esempio, da Risi jr. (Il branco), Battiato (Cronaca di un amore violato), Bellocchio (La condanna), del quale, non a caso, sono presenti ben quattro interpreti recenti: l’intensa Sansa (La balia e Buongiorno, notte), Di Stefano (Il principe di Homburg), Degli Esposti e Conti (L’ora di religione)– incentrate sul delicato, difficile, insostenibile tema dello stupro.

Il risultato è forse interessante (colpisce in particolare la scelta di macchiare di “sangue” il vestito del titolo), tuttavia discutibile e destinato a suscitare nello spettatore, a prescindere dal sesso, sentimenti contrastanti, come spesso avviene in questo genere di rielaborazioni artistiche piuttosto votate alla metafora.

Al di là di quel paio di dettagli opachi concernenti il sacco e il desiderio di mare (a cui si può trovare abbastanza facilmente spiegazione), sconvolgono la lucidità quasi morale di Augusto (e, per estensione, la probabile rispettabilità dei suoi amici, aspetto che trova comunque triste riscontro nella realtà) e l’ancor più agghiacciante immobilità di Giselda e Andrea (c’è un rapporto di affinità, quasi di pseudo-innamoramento tra di loro), verosimile ed inconscia causa di ulteriore sconforto per Stella.

Il finale, sebbene drammaturgicamente sensato, sembra però voler ristabilire un equilibrio etico che rinnega il periglioso (e dopotutto coraggioso) percorso intrapreso dalla regista, alimentando l’irritazione sopita.

Non una pellicola da scartare, quanto da affrontare coscientemente riguardo ai suoi contenuti.

Max Marmotta