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Recensione

I revenge movies sono ormai tornati di moda, perciò non suona strano che le majors li stiano riproponendo, con varianti minime, ad attori in cerca di rilancio.

Dopo Neeson e Washington, tocca al sempre giovanile e qui particolarmente imperscrutabile Keanu Reeves, reduce dai peraltro poco esaltanti risultati di 47 ronin e Man of Tai Chi (sua prima regia, da noi solo in home video).

È un infallibile killer a riposo (il suo nome dà il titolo), addolorato per l’annunciata perdita della moglie (la Moynahan, presente solo in immagini “di repertorio”), grazie all’amore della quale era uscito dal giro.

Dono postumo della defunta è un cucciolo, da accudire affettuosamente per tenersi lontano dall’antica scia di sangue.

Però l’appassionato di macchine John, o meglio la sua Mustang del ’69, capta l’attenzione del viziato rampollo (Alfie Allen) di un potente boss russo per cui ha lavorato (lo svedese Michael Nyqvist).

L’irruento gangster in erba non si ferma davanti a un netto rifiuto di vendita, e si prende l’auto, infierendo sul cagnolino.

Errore gravissimo, dato che l’accaduto risveglia l’assassino implacabile che alberga nel derubato… Un’opera tutto sommato godibile, quella di Stahelski (pare sia stata co-diretta dal produttore David Leitch), a patto di non prendersela troppo per le numerose incongruenze.

In effetti, si tratta di una di quelle storie movimentate che puntano perlopiù alla qualità delle coreografie dei combattimenti e delle sparatorie e al modo migliore per riprenderle e montarle.

Una volta tanto, magari, può bastare.

Max Marmotta