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Recensione

Dopo un’onorevole carriera di produttrice (di film sentimentali, ma anche di Burton), Denise Di Novi non resiste alla tentazione di mettersi dietro la macchina da presa.

Forse il copione scritto da Christina Hodson e David Johnson non ne forniva l’occasione migliore, zeppo com’è di luoghi comuni e rimandi a una tipologia di thriller abbondantemente estinta (almeno funzionasse a livello di omaggio…), ma ormai è fatta.

La trama riguarda la provata Julia (Dawson), reduce da una burrascosa relazione (di cui si vergogna) conclusasi con un’ordinanza restrittiva nei confronti del violento ex-compagno Michael (Kassianides, minaccioso bruto che si trasforma in maniaco da operetta), la quale tenta di ricominciare come compagna – e magari sposa – del birraio David (Stults, altra figura schematica), padre della piccola Lily (Rice) e a sua volta divorziato.

Però l’indomita moglie precedente, la formalmente inappuntabile Tessa (una Heigl abbastanza inedita), con la scusa di vedere la bambina, resta una presenza costante nella vita familiare, rivelandosi sempre più insinuante e morbosa.

Le belle e brave attrici sfortunatamente non riescono a sollevare il film dalla medietà (tendente al basso), una variazione sul tema delle persecuzioni amorose affetta – si accennava – da anacronismi e ingenuità.

L’unico elemento sapido e significativo è la madre dell’ossessa, impersonata da Cheryl Ladd (una delle storiche Charlie’s Angels).

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Max Marmotta