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Trama

Conosciutisi in Finlandia durante il 1968, Màrja e il siciliano Fortunato si sono sposati e hanno avuto due bambine, Alice e Sonia.

Poiché l’uomo non ha molte possibilità di lavoro in Scandinavia, propone alla famiglia di trasferirsi nel suo paesino d’origine, sulla costa tirrenica.

Presto la spontanea Màrja, vista con sospetto dai genitori del marito e dall’intera comunità, si accorge di essere fuori posto, e le continue e inspiegabili proibizioni cui è soggetta si riflettono sul suo umore e su quello delle sue figlie; solo Sandra, cognata e zia, dimostra maggiore comprensione per le tre sperdute forestiere.

Quando Fortunato si trasferisce di nuovo all’estero in cerca di impieghi migliori, il già compromesso equilibrio psichico di Màrja sembra cedere definitivamente.

Recensione

Raccontato con gli occhi di Alice (interpretata prima da Erika Lepistö, poi da Veronica Visentin), che non è altro che l’alter ego della regista (il testo teatrale, richiamato dall’immagine finale, da cui ha ricavato la sceneggiatura è in buona parte autobiografico), il film parla di argomenti importanti come il pregiudizio verso la diversità (anche solo culturale) o l’incompatibilità di base che dà origine ai compromessi, i quali a loro volta possono condurre perfino alla follia, e ci illustra una Sicilia a suo modo colta eppure inesorabilmente crudele; però pecca nelle rifiniture, senza contare che l’interessante protagonista finnica Laura Malmivaara (una sorta di Daryl Hannah) è l’unica che può essere definita davvero brava (del resto, per quanto concerne le figlie interpretate perlopiù da due sorelle, non dev’essere mica facile trovare delle bambine bilingui che siano pure inappuntabili sul set), anche perché la Lodato (Sandra) non regge adeguatamente il peso del proprio ruolo.

L’amore è l’arma irriducibile contro le dicerie del paese (poetico il “mondo sommerso” impartito alle fanciulle a mo’ di ancora di salvataggio), per affrontare quel trasferimento, quella nuova vita destinata a “smontare” un bella famiglia, formatasi sotto un segno ben diverso; ed è Fortunato (un Peluso più preoccupato del proprio look) il primo a non rispettare Màrja, pronunciando il suo nome all’italiana, indizio della sua radice d’intolleranza (la rivoluzione sessuale alla quale ha partecipato è già un lontano ricordo).

La Ciccone aveva diretto nel 2000 il dissimile Le sciamane.

Max Marmotta