Trama

Appena nata, l’ape Giulia (è il nome che si è scelto lei in luogo di un interminabile numero di matricola) sprizza felicità da tutti i pori.

Apprende presto, però, che la sua mansione di operaia le occuperà l’intera esistenza, e di questo chiede spiegazioni alla Regina, che poi è sua madre, apparentemente burbera e occupatissima.

Intenerita dalla curiosità e tormentata dall’insistenza della piccola, la sovrana le racconta ogni sera, dopo il lavoro, le fiabe riguardanti la nascita e le scoperte di due umani, Sarah e Simone, i quali, nell’arco della propria vita, impareranno a rispettare le bestie e l’anima delle cose, a combattere i momenti difficili e ad accettare la fine.

Nel loro cammino sono aiutati da un serafino smistatore, dal solitario menestrello Angelo il Matto, dal fattore Alvaro e dal suo saggio cavallo Bobo.

Recensione

Dopo Camillo Teti, che si era cimentato in Titanic – Mille e una storia, ecco un altro regista, Paolo Modugno (Territori d’ombra, L’ospite segreto), che si cimenta con il cartoon (e affida la voce della Regina a sua sorella Ludovica).

Stavolta, tuttavia, si tratta di un passo epocale, dato che parliamo del primo film d’animazione in computer graphic realizzato in Italia.

Diciamo subito che non è la tridimensionalità di personaggi e paesaggi a deludere, bensì la fluidità dei movimenti e la realizzazione di alcuni tratti (troppo schematici, ad esempio, l’elefante e l’ippopotamo), la debole ossatura della storia e l’assoluta inconsistenza delle gag.

In quanto ai contenuti, che vertono ambiziosamente sulla lotta all’aborto, su ecologia e animalismo, sulle derive della depressione e sul grigiore del lavoro in serie, magari se ne può discutere.

Qualità tecniche che lasciano un po’ a desiderare, dunque, con canzoni a volte orecchiabili eseguite soprattutto di Irene Grandi (Giulia) e Raf (Angelo).

Vano, ancora, fare confronti con i colossi americani del genere, ma bisogna essere indulgenti verso un esperimento che probabilmente farà proseliti.

Certo, però, che anche l’Ape Maia era un’altra cosa… .

Max Marmotta