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Trama

George per mestiere costruisce modellini; è separato dalla moglie Robin, ha un figlio sbandato di 16 anni, Sam, con il quale non comunica e abita per orgogliosa scelta in una cadente baracca che si affaccia sull’oceano Pacifico, in un quartiere peraltro elegante.

Lo stesso giorno in cui viene licenziato per la sua caparbia resistenza alle nuove tecnologie, scopre di avere una malattia terminale.

La notizia gli procura un’imprevedibile scossa: nell’arco dell’estate che gli rimane decide di costruire la casa dei suoi sogni su quella già esistente.

Con l’aiuto forzato di Sam, che non solo lo odia, ma coltivava ben altri progetti.

Recensione

Da un lato è meno banale di quanto sembri (pur nell’elementare equazione George = casa) e centra lo scopo della commozione, dall’altro mette in fila ingenuità da dialogo, schieramenti a volte troppo netti contro computer e piercing e passaggi “audaci” di sceneggiatura, piuttosto stonati con il resto.

Di sicuro, quello che lascia più perplessi altrove è una dote: una certa sbrigatività nel liquidare la presa di coscienza da parte del comunque eccentrico protagonista sulla sua situazione (con tanto di auto-diagnosi indovinata in un’inutile scena ospedaliera).

È un intoppo serio, che pregiudica la riuscita della prima metà del film, durante la quale si rischia anche sull’ammorbidimento di Sam/Hayden Christensen (che sarà Anakin Skywalker nel prossimo Guerre Stellari) e sull’egoismo latente (poiché vuole farsi amare prima di morire) e l’improbabile forza fisica dell’intenso –ancorché troppo simpatico per fare l’antipatico– Kevin Kline, alias l’impulsivo e solitario George.

Proseguendo, si migliora, ma l’anziano produttore ora regista Irwin Winkler (che fa ad ogni modo un passo avanti rispetto al precedente A prima vista) continua a non essere un narratore brillante.

Citazione di Wordsworth all’interno dei titoli di coda.

Max Marmotta