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Recensione

Alla notizia dell’uscita mondiale (e solo per due settimane) di questo backstage del concerto di Michael Jackson, grandioso spettacolo mai messo in scena a causa dell’improvvisa scomparsa del cantante, lo scorso 25 giugno, che lo ha definitivamente consegnato al mito (come già accaduto a tanti suoi colleghi), il sospetto che la frettolosa operazione fosse stata concepita all’insegna dello sciacallaggio sorgeva spontanea.

Tuttavia, sebbene un’ombra rimanga, in “sala macchine” c’è Kenny Ortega, regista disimpegnato (i tre High School Musical e prima ancora Hocus Pocus) e stretto collaboratore di Jacko (se non lo si sa, lo si può notare), peraltro zelante co-produttore del mancato evento, e assistendo al film, composto da prove e provini, realizzazioni di video ad hoc, coreografie, interviste a musicisti, coristi e ballerini, complicate esibizioni ingigantite da dispendiosi effetti speciali, si capisce che l’idea di base è quella di coronare la fatica del lavoro propedeutico, di premiare l’impegno di tanti artisti e tecnici delusi, di mostrare cosa avrebbero dovuto essere le attese cinquanta serate londinesi, il tutto, ovviamente, lasciando spazio al protagonista, alla sua meticolosità sul palco, alla sua pacatezza, alla sua generosità, alle sue battaglie per l’ambiente.

Insomma, dietro il “recupero crediti” c’è l’omaggio. E ciò non significa che, sotto sotto, oltre la maschera ormai irreale dell’uomo non più giovanissimo, non si scorga la sua recondita incapacità ad adattarsi allo strano e luccicante ambiente che l’ha accolto e osannato sin dalla più tenera età, condizionandone la (non) crescita, pesanti vicende giudiziarie comprese.

Ad ogni modo, c’è la musica, i motivi conosciuti e amati da almeno tre generazioni, un indiretto ritorno al passato che coinvolge.

E questo è quanto.

Max Marmotta