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Trama

Dopo un provino andato male, l’attrice Carola viene prelevata da due cari amici, il collega Andrea, anch’egli continuamente in cerca di scritture, e il meridionale Gianmaria, colto e sensibile ma costretto a lavorare in un negozio di scarpe, per andare tutti insieme nella casa di campagna di Claudia (che adesso ci vive con Alberto, temporaneamente assente), un tempo meta preferita del gruppo.

Della comitiva fa parte pure Edoardo, altra aspirante star del cinema che vive un perenne complesso di inferiorità nei confronti del già famoso padre.

Tra una chiacchierata e l’altra affiorano i ricordi, le competizioni e i problemi attuali: Carola ha una cotta per il veterinario Filippo (si chiama come il suo inseparabile cagnetto), Andrea aspetta che la sua più recente avventura, Monica, venga a riprendersi, in compagnia di Francesca, il cellulare dimenticato… .

Recensione

L’esordio dietro la macchina da presa della figlia minore di Ugo Tognazzi è colmo di buoni propositi ma popolato di stereotipi.

L’elogio degli anni ’70, da cui discendono questi personaggi, con tanto di “ripescaggio” del cantante Nick Drake, le canne, i conflitti, i climi de Il grande freddo (in ogni senso) e Gli amici di Peter, la frase riassuntiva di Pessoa, i riferimenti al cinema e il meta-cinema non brillano per inventiva; tutt’al più suggeriscono quanto devono essere state piacevoli le riprese, instillando però indifferenza nella visione (complici la spenta ironia e il montaggio non partecipe di Pierluigi Leonardi).

Meglio allora notare il contrasto fra un passato ventenne caldo e spensierato e un presente trentenne invernale e spoglio, con la casa-ritrovo ormai in procinto di essere venduta e la vita che sospinge ad una svolta, si spera positiva.

In pratica, togliendo qualche scaramuccia e una decina di “mi sa” dai dialoghi e più di una sensazione di vuoto, rimangono un cast all’altezza (specie nelle scene di litigio), un personaggio tenero e accurato volutamente marginale (il Gianmaria esperto di musica e di caffè di Claudio Gioè, visto ne I cento passi), l’esemplificazione del fatto che chi parte prima può arrivare dopo, le composizioni di Andrea Guerra, il titolo a doppio senso (riguardante le due epoche narrate in parallelo e mescolate graziosamente un paio di volte), un finale alquanto intelligente rispetto al resto… Beh, sì, qualcosa da prendere c’è.

Max Marmotta