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Recensione

Settimana redditizia per il cinema italiano, tra la sorridente nostalgia di Immaturi e la ricostruzione tutt’altro che celebrativa di Vallanzasca – Gli angeli del male (meriterebbe attenzione pure il canadese La donna che canta, in corsa per l’Oscar).

A dominare la classifica degli incassi però è Antonio Albanese nei consumati panni del politico potente, irresponsabile, ignorante (come suggerisce il titolo) e prevaricatore Cetto La Qualunque, assistito da Piero Guerrera in sede di sceneggiatura e da Giulio Manfredonia (con il quale aveva girato È già ieri) per quel che attiene alla regia.

Diciamo subito che le poco edificanti gesta del protagonista, reduce, con seconda famiglia al seguito, da una lunga latitanza sudamericana, invocato per candidarsi a sindaco del suo immaginario paese calabrese da loschi sodali preoccupati della possibile e temuta affermazione della legalità propalata dall’onesto avversario De Santis (ottimo Salvatore Cantalupo) e pronto a spazzare via gli ostacoli con cinismo, divertono solo relativamente, per due motivi.

Il primo è la martellante messa in onda televisiva e radiofonica di trailers differenziati, brani, gags che rischia di sciupare eventuali sorprese (càpita…); l’altro, involontario per la tempistica che rende il film spaventosamente attuale ma senza dubbio calcolato in fase di scrittura, è costituito da una precisa allegoria (il piccolo centro rappresenta con aderenza il Belpaese) che fa masticare amaro lo spettatore-cittadino stufo di immobilismo e degrado imperanti.

Insomma, alla commedia subentra un paradossale spaccato della società odierna (non per niente selezionato nel Panorama berlinese), con rari cedimenti e con fermi riferimenti alla sorte dei giovani e degli anziani, nonché al ruolo fondamentale delle eminenze grigie che rinnegano le proprie origini (sublime Sergio Rubini).

Max Marmotta