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Trama

Al termine di un eremitaggio durato tre anni, tre mesi, tre settimane e tre giorni, il giovane Tashi, indiano, fa ritorno al suo monastero.

Come gli altri monaci buddisti che lo popolano, vi fu lasciato quando era ancora bambino, ricevendo l’educazione dell’anziano Apo; ma le frequenti polluzioni notturne a cui è soggetto adesso il ragazzo sono la spia del desiderio di un’altra vita.

Così, allontanatosi dalla comunità, rintraccia Pema, figlia di un proprietario terriero e causa di parte dei suoi turbamenti, e riesce a sposarla, generando le ire dell’ex promesso Jamyang.

Recensione

Ascetismo contro erotismo, una biforcazione che il regista ex-documentarista Pan Nalin (o Nalin Pan, chiamandolo all’occidentale) descrive con grande eleganza e qualche rallentamento.

Fino a quando il protagonista –indeciso, come recita anche la frase di lancio, se inseguire mille desideri o realizzarne uno– reclama il diritto di conoscere le tentazioni per decidere se evitarle, il film sembra soltanto, ma è già abbastanza, una parabola sulla libertà di scelta, dovuta anche a chi è (stato) votato alla preghiera.

Andando avanti, peraltro, grazie alla nuova vita di Tashi, ci si imbatte in una storia d’amore dal sapore avventuroso, con tanto di incursioni nella commedia e nel dramma e riflessioni sull’invidia e l’egoismo.

Le leggende su Siddharta fungono da bilancia (oggetto non a caso esplicitamente mostrato) in questo percorso lungo e completo, volutamente un po’ misterioso nel finale, comunque sorprendentemente (visto l’assunto di base) rispettoso degli usi e costumi rappresentati; sull’onda tradizional-moderna, insomma, de La coppa o Himalaya – L’infanzia di un capo, senza rinunciare a una propria impronta.

Topico il quesito inciso su una roccia: “Come si può impedire ad una goccia di asciugarsi?”; la degna risposta, scolpita sull’altro lato della grossa pietra, verso la fine della proiezione.

Max Marmotta