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Trama

Nello sperduto paesino sardo di Arasolè regna la povertà. Sotto gli occhi del furbo campanaro Culobianco, la vita scorre tra ordinarie difficoltà e maldicenze: Mammuttone è tiranneggiato dal nobile don Orvenza per avere sposato la prostituta Giovanna la Rossa; ma il possidente ignora di essere a sua volta cornificato dal suo stalliere; Tric-Trac vende cocomeri mentre Animamè coltiva la sua terra incentivato dalle promesse del fascismo.

Tutti loro vengono chiamati alle armi per occupare, con altri soldati di varie regioni, un avamposto nel cuore della freddissima Russia.

La loro drammatica vicenda è ripercorsa da una giornalista che intervista Culobianco oltre quarant’anni dopo.

Recensione

Girato dalle parti di Olbia con mano semplice (a volte fin troppo ingenua) da Piero Livi, la pellicola si dipana su tre assi narrativi intrecciati fra loro: il presente, l’arruolamento con conseguente periodo sotto le armi durante la campagna di Russia e i numerosi flashback sulla parca vita nel paese d’origine; aggirando in fretta nel finale l’aspetto della prigionia, per concentrarsi (dovutamente) nella mezz’ora precedente sul concetto di convivenza forzata.

Da apprezzare soprattutto la sincerità e l’immediatezza con cui la storia è raccontata, durante la lunga attesa del nemico come nei risvolti più crudi e tragici.

Fra gli attori, a parte alcuni non professionisti (non necessariamente i meno bravi a recitare), si distinguono l’incerto generico di tante commedie Sandro Ghiani e il valido Lucio Salis: sono ormai lontani i tempi del suo tormentone nel televisivo “Drive-in”: “Ca-pi-to mi hai?”.

Il titolo del romanzo (tradotto dal film in dialetto sardo) si riferisce agli affamati.

Max Marmotta