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Trama

Casarsa, provincia di Pordenone, 1949. Il ventisettenne professore Pier Paolo Pasolini, poeta dialettale e segretario locale del Partito Comunista, viene accusato di atti di libidine nei confronti di tre minorenni maschi durante una festa di paese.

Il giovane insegnante nel giro di pochi giorni perde la cattedra e la stima del padre, ex-militare, e viene espulso dal PCI.

Al taciturno intellettuale non resta che trasferirsi a Roma presso uno zio, in cerca di un impiego. Lo segue l’addolorata e amorevolissima madre, che per sostentarlo durante il primo arduo periodo di ambientamento accetta di fare la domestica.

Recensione

Nemo propheta in patria, dicevano gli antichi. Ed è un fatto che il nuovo lavoro del non sempre simpaticissimo Grimaldi abbia avuto visibilità e raccolto consensi, nel corso dell’anno, in diverse manifestazioni cinematografiche del pianeta (da Singapore al Canada, dall’Olanda a Hong Kong), mentre da noi viene distribuito alla chetichella.

Il regista prosegue il suo viaggio attorno al personaggio di Pasolini (in fondo, il proverbio latino si addice anche a lui): dopo averlo rappresentato, anonimo e maturo, in Nerolio (con il volto di Marco Cavicchioli), ce lo propone adesso quasi imberbe e identificato (nelle fattezze del credibile e frastornato Arturo Paglia de La vita, per un’altra volta) in quell’insabbiata vicenda di cronaca che ne influenzò probabilmente la poetica, sicuramente l’esistenza.

Nel pedinare, persino nella riproduzione dello stile e del pathos (come già accaduto nelle sue precedenti pellicole), il suo mito letterario-cinematografico, Grimaldi (che ha conservato un piccolo ruolo per la sua scoperta Loredana Cannata) focalizza sul confine tra arte e moralità senza sollevare giudizi, aiutato per le atmosfere dal bianco e nero di Massimo Intoppa e dall’ossessiva canzone “Terza luna” di Neil Sedaka.

Splendido l’utilizzo dei caratteristi Fernando Pannullo (il basito padre), Guia Jelo (la silente madre), Nina Micalizzi (l’anziana viaggiatrice catanese, per contro ciarliera) e Gaetano Amato (il maresciallo dei carabinieri napoletano, la cui umanità è esaltata dalla sua relativa comprensione degli eventi sui quali indaga).

Presenti estratti de “La luce della notte” e del documentario di Valerio Zurlini La stazione. L’ambientazione friulana è stata ricostruita nella zona di Vibo Valentia.

Max Marmotta