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Trama

Ingrid Magnussen è un’eccentrica artista di successo. Anche se il lavoro occupa buona parte del suo tempo non le mancano volontà e impegno nel mantenere saldo il rapporto con la bella figlia adolescente Astrid, promettente ritrattista cresciuta all’ombra della madre.

La donna, sempre pronta in precedenza a deridere i suoi spasimanti e determinata a non intraprendere relazioni sentimentali, cede sorprendentemente all’insistente Barry Kolker.

Ma quando viene scaricata per un’altra, lo avvelena in preda alla gelosia, viene arrestata e condannata a trentacinque anni privando Astrid del suo unico punto di riferimento.

La ragazza inizia così un continuo pellegrinaggio tra istituzioni per minori sotto tutela e famiglie in lista per un’adozione, affrontando ulteriori problemi soprattutto a causa della sua bellezza.

Recensione

Una rara pellicola assolutamente drammatica, in cui l’universo femminile viene delineato a fosche tinte, senza retorica né melensaggini, infinitamente fragile e disperato nonché insospettabilmente forte e coerente.

Una scelta ancor più rimarchevole per la direzione asciutta del regista televisivo Peter Kosminsky, il cui unico precedente cinematografico è una versione datata 1992 di Cime tempestose con Juliette Binoche e Ralph Fiennes.

Protetto dalla solida base letteraria, riesce a tracciare con stile una vicenda incentrata sulla crescita sentimentale di Astrid (la bravissima Alison Lohman), plasmata per anni dalla madre a sua immagine e somiglianza.

Un percorso in cui tutte le tragiche realtà affrontate forniscono gradualmente, anche tramite un limitatissimo sfruttamento dell’antefatto, una chiave di lettura metaforica della figura di Ingrid (l’insuperabile Michelle Pfeiffer), votata a una glaciale cattiveria per difendersi da analoghe umiliazioni.

Una visione pessimista che sfocia però in un finale fiducioso, dove il passato continua ad essere oggetto di studio e la preziosa unicità dell’essere umano è rispettata in pieno.

L’ottima colonna sonora di Thomas Newman costruisce l’atmosfera adeguata conferendo all’insieme il peso della memoria, mentre le prestazioni di Robin Wright Penn (Starr) e Renée Zellweger (Claire) completano un irripetibile quartetto di grandi protagoniste.

Sax Marmotta