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Recensione

Di thriller contaminati dal noir se ne vedono, ed anche omaggiare apertamente Hitchcock non costituisce proprio una novità.

Però lo svedese Mikael Håfström, al suo primo film in terra americana, dimostra di saper dosare con oculatezza tensione e (relative) sorprese, affidandosi inoltre alla consolidata professionalità di Clive Owen (dopo Amore senza confini non si è più fermato: King Arthur, Closer, Sin City) e a una Jennifer Aniston insolitamente scurita e, come in The Good Girl, alla ricerca di un ruolo anti-telvisivo (su Cassel, votato, a causa dell’aspetto canagliesco, alla carriera di cattivo, rozzo con tocchi di raffinatezza, è inutile aggiungere).

Charles, onesto pubblicitario con figlia diabetica a carico, e Lucinda, a sua volta sposata e sedicente brava madre, si incontrano sul treno “sbagliato” e insieme “deragliano” verso una passione proibita e non appagata, a causa di una feroce rapina messa a segno dal francese Philippe nell’albergo in cui i due si erano rintanati.

La violenza del criminale, simboleggiante un ossessivo senso di colpa, si ripercuote nella già complicata vita di Charles, che per proteggere la mancata amante e la di lei dignità evita di denunciare i successivi ricatti subiti e nasconde come può alla moglie i buchi nel conto in banca.

Ovviamente, dopo una serie di logoranti situazioni (viste eppure coinvolgenti), c’è una svolta, e il nostro trova uno spiraglio per passare al contrattacco.

Il numero di scricchiolii nello script è accettabile (ivi inclusa la fortuita flagranza alla stazione), e si ritrova anzi adeguatamente bilanciato da trovate “carine” (la calcolata scelta dell’hotel in cui avviene il fattaccio).

Forse i caratteri secondari (interpretati dai rapper RZA e Xzibit) risultano allo sbando, ma nulla di compromettente.

Occhio al capo del protagonista: è un imbiancato Tom Conti! .

Max Marmotta