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Recensione

Freschi di Oscar, i fratelli Coen si buttano di nuovo nella commedia, genere tutto sommato a loro più che congeniale, considerando l’inventiva delle trame (autonomamente concepite), il vivace modo di girare, i ritmi indiavolati che riescono a infondere nelle loro sempre e comunque godibili pellicole.

Procedendo per ordine cronologico all’interno della loro filmografia, se l’anarchico Arizona Junior e il sardonico Mister Hula Hoop erano dei gioiellini a orologeria, Il grande Lebowski, pur meno divertente nella sostanza, con il suo stile ha relativamente segnato un’epoca.

I nodi sono venuti al pettine con Prima ti sposo poi ti rovino e Ladykillers, formalmente inappuntabili ma portatori di gags a volte stanche, semplicemente sopra le righe nel primo e abbastanza risapute nel secondo.

Questa simpatica vicenda riguardante un CD-rom contenente delicate (o presunte tali) informazioni sulla CIA, ritrovato casualmente in una palestra da un istruttore che si mette in testa di ricattarne il compilatore, un agente reietto e con il dente avvelenato, chiama a raccolta una serie di personaggi insuperabili nel commettere corbellerie, e, tornando al discorso sulla media qualitativa, rimette un po’ a posto le cose.

La cornice è perfetta, così come il senso di inadeguatezza espresso dai caratteri; la riflessione provocata dallo zoom satellitare che apre e chiude il racconto (volgendosi probabilmente a osservare qualche altro esempio di crescente stupidità globale) sottolinea il fatto che siamo tutti sotto osservazione – lo ricorda anche un brano di dialogo – ma che questo non servirà mai, per mancanza di tempo o totale disinteresse dei potenti in terra, a migliorare alcunché; e gli attori sono smaglianti.

Roba mica di secondo piano, insomma, di cui in pochi possono pregiarsi. Se solo ci fosse l’ironia pimpante dei bei tempi… .

Max Marmotta