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Recensione

Diretto da Giuseppe Gigliorosso, teleoperatore RAI di lunga esperienza che ha già alle spalle una selva di (premiati) cortometraggi, il film racconta parallelamente la storia di un barbone che aspira a togliersi la vita (Salvo Piparo, proveniente dal teatro) e dell’angelo, al servizio di un burocratizzato e caotico ufficio (Paride Benassai), che ha il compito di routine di raccoglierne l’anima subito dopo il trapasso.

Ma il disperato gesto viene interrotto dallo squillo di un cellulare smarrito… Interpretata anche – fra gli altri – dalla scrittrice Valentina Gebbia (che fornisce una più che convincente prova d’attrice), l’opera, presentata con successo a vari festival, tra cui quelli di Imperia, dove ha vinto per la migliore regia, e di Taormina, sembra ispirarsi a La vita è meravigliosa, ma se ne discosta sapientemente e umilmente per sviluppi, tematiche e uso dell’ironia (bilanciata da parentesi tenere e sottotracce drammatiche).

E riesce a dribblare pure possibili somiglianze con tante pellicole che si sono cimentate con la rappresentazione dell’aldilà (da Accadde in Paradiso a Prossima fermata: Paradiso), osando cercare, con tutti i rischi del caso (ma ce n’est qu’un début), la propria autonomia stilistica.

Max Marmotta