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Trama

In seguito a un lutto e una grave delusione professionale (è stato ingiustamente accusato di razzismo da due studenti), l’anziano professore di letteratura classica Coleman Silk contatta lo scrittore Nathan Zuckerman affinché lo aiuti a realizzare un libro su ciò che gli è successo.

Il lavoro non va in porto, ma nasce una profonda amicizia che spinge il docente a confidare al romanziere i suoi ricordi e i suoi segreti.

Tra i più recenti c’è la relazione con la trentaquattrenne Faunia Farley, donna delle pulizie. Nonostante il disprezzo della comunità universitaria e qualche contrasto dovuto alle differenze d’età, classe sociale e cultura, il rapporto comincia a ingranare.

Ma Lester, ex-marito della donna, nonché reduce del Vietnam con gravi problemi mentali, ha deciso di tormentare la coppia.

Recensione

Tratto dal best-seller di Philip Roth, La macchia umana, dedicato alla memoria del direttore della fotografia Jean-Yves Escoffier (scomparso ad aprile), è un esempio tipico di paradosso del cinema americano commerciale.

Un cast d’altissimo livello, che non delude le aspettative, impigliato in una sceneggiatura frammentaria a sua volta filtrata dal mestiere di Robert Benton, il quale, a ventiquattro anni dal suo più grande successo (Kramer contro Kramer), continua a optare per quella fredda spassionatezza che inaridisce gli elementi drammatici.

Così nessun personaggio, ad eccezione di Lester (Ed Harris, che impreziosisce un ruolo da caratterista), riesce ad acquistare spessore e credibilità.

Una confezione che si addiceva a qualche lustro fa e che avrebbe anche fruttato qualche premio prestigioso, nonostante l’eccessiva verbosità e i flashback smorti in stile televisivo, i quali azzannano alla gola la fluidità narrativa e riducono qualsiasi sviluppo della trama a una barzelletta.

Sax Marmotta