
San Andreas
- Brad Peyton
- Alexandra Daddario, Carla Gugino, Colton Haynes, Dwayne Johnson
- Azione, Drammatico, Thriller
- Australia, Canada, Stati Uniti
- 27 May 2015
Recensione
Ray (il roccioso Dwayne Johnson, non per niente noto nel wrestling come The Rock) è un pilota d’elicottero specializzato in salvataggi arditi, in procinto di separarsi dalla moglie Emma (Carla Gugino in un ruolo insolito) e ansioso per il futuro della figlia Blake (Alexandra Daddario, proveniente dalla serie di Percy Jackson e unica sorpresa del film).
Rimescola le carte uno spaventoso e duraturo terremoto con tsunami che devasta la California, purtroppo tristemente annunciato da molti anni (e questo, ahinoi, è vero).
Anzi, un eminente ricercatore, Lawrence (Paul Giamatti in un ruolo su misura), sta tentando da tempo insieme al suo team – e qualche risultato arriva – di individuare delle avvisaglie riconoscibili, in modo da allertare la popolazione.
Tale aspetto scientifico (davvero al vaglio degli studiosi, finora vanamente), che prova a solleticare la curiosità della platea e a farla riflettere (intento blando quanto sbrigativo), fa da sfondo all’espediente tipico del genere catastrofico: concentrarsi su un nugolo (più sparuto del solito) di personaggi con i quali empatizzare (al di là del possibile coinvolgimento emotivo, le loro vicende paiono comunque abbastanza pretestuose) per mostrare frattanto tutt’intorno e quasi accessoriamente (ma non è così, dato il massiccio impiego di impressionanti effetti speciali) distruzione e crolli.
Tuttavia il problema sta alla base. Con i reali eventi naturali (e un po’ meno naturali) che con indesiderabile frequenza mietono vittime a decine di migliaia fra le popolazioni dell’intero pianeta (al giorno d’oggi le immagini delle loro tragiche proporzioni non mancano di certo, non si può invocare la relativa “irresponsabilità” degli anni Settanta), è ancora il caso di spettacolarizzare – e tanto – le calamità nei blockbusters? Non c’è il rischio di sminuire o banalizzare le tragedie? L’interrogativo si fa più urgente se si considerano le gravi approssimazioni annidate in alcuni punti chiave del plot: si ritiene veramente fattibile dare un allarme via televisione a scosse ancora in corso (quindi senza un degno anticipo e durante lo zenit del panico)? E chi sarebbe in ascolto? Nessuno, visto che il regista Peyton (i cui trascorsi sono nel cinema per ragazzi), con inconscia consapevolezza, non si preoccupa di inquadrare nemmeno una famiglia davanti all’apparecchio.
Senza contare che in casi simili è necessario un piano di evacuazione (le folle si calpestano per molto meno).
Vuoti grandi e piccoli (come un messaggio lasciato in segreteria quando le linee telefoniche sono dichiaratamente saltate) che costringono a bocciare l’operazione, a prescindere dal discorso etico.