Recensione

Basandosi sul delirante debutto da regista di Asia Argento, Scarlet Diva, c’era poco da stare allegri.

Qui l’egocentrica, talvolta antipatica Asia, ritagliandosi adeguatamente un altro ruolo eccessivo (che comunque rispecchia anche stavolta la cifra stilistica dell’intera pellicola), adatta i racconti, pare drammaticamente autobiografici, del giovane scrittore J.T. Leroy, consegnandoci un’opera non allineata, stilisticamente fatiscente e coerente, accorta, nonostante le apparenze le siano contro, nel non sconfinare nel facile scandalo (le scene potenzialmente fastidiose sono eloquenti ma non morbose).

L’orribile storia del piccolo Jeremiah, strappato alla famiglia adottiva dalla prepotente, sconsiderata madre naturale, dedita alle droghe, al cambio repentino di partner poco di buono e alla prostituzione, per un periodo affidato alle cure degli intransigenti nonni, fanatici religiosi, poi ritrovato dalla pericolosa genitrice e in breve costretto con lei alla macchia, è una personalissima denuncia contro gli abusi sui minori (da sconsigliare alle persone sensibili), adornata dai volti slavati di alcune delle nuove leve americane (Kip Pardue, Jeremy Sisto, Matt Schulze, Ben Foster, Michael Pitt…) e da quello struccato (!) del cantante Marilyn Manson.

Max Marmotta