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Recensione

Che il regista Wayne Wang fosse un autore sensibile già si sapeva grazie a Smoke e Il circolo della fortuna e delle felicità (volendo, pure La mia adorabile nemica); tuttavia, è stato capace di confezionare pellicole incolori come Slamdance – Il delitto di mezzanotte e Un amore a 5 stelle, o addirittura fastidiosamente pretenziose, se pensiamo a Chinese Box o a The Center of the World.

Le sue quotazioni risalgono grazie al ritrovato sguardo gentile di questa sua ultima fatica, sceneggiata da Angela Workman, Ron Bass e Michael K. Ray traendo ispirazione dal romanzo di Lisa Lee Fiore di Neve e il ventaglio segreto. Protagoniste due laotong, amiche unite da un doloroso rito che prevedeva una stretta fasciatura dei piedi per le ragazze in attesa di marito nella Cina ottocentesca.

Il legame, più compatto di una sorellanza, supera qualsiasi avversità e si rinsalda, malgrado la lontananza e le scarse possibilità di coltivare rapporti sociali, con l’aiuto di una scrittura in codice, il nu shu.

Parallelamente, a Hong Kong dal 1997 in poi due studentesse si sostengono vicendevolmente di fronte alle distinzioni di casta volute dagli adulti; anche per loro la separazione dovuta alle circostanze non comporta un affievolimento del forte affetto reciproco.

Finché non si presenta la prova contraria. Le due storie, intimamente connesse tra loro da un espediente metanarrativo e dal fatto che le interpreti, bravissime nel differenziare gli stili di recitazione a seconda delle epoche, sono le stesse, non si alternano con una cadenza meccanica,viceversa si cedono il passo con eleganza (con un paio di suggestivi “cortocircuiti”), aggirando quasi sempre le vie più scontate.

Emerge in tralice un enorme rispetto per l’universo femminile, all’interno del quale, sembra suggerirci il film, non c’è steccato eretto da società restrittive che tenga.

Max Marmotta