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Recensione

Tenuta a lungo in rampa di lancio dalla Warner (con il più “elegante” titolo Bastards), la macilenta commedia d’esordio del direttore della fotografia Sher non spicca né per originalità (I gemelli è la prima matrice che viene in mente) né per i rari spunti divertenti (la regia e lo script di Justin Malen non sono in grado di porli in risalto).

Fisicamente e caratterialmente diversi benché nati lo stesso giorno, i fratelli Peter e Kyle Reynolds (Helms e Wilson, contenuti), l’uno proctologo insicuro, l’altro fortunato modello pubblicitario, in occasione delle nozze materne scoprono con sorpresa che il padre mai conosciuto non è morto di tumore al colon (idealistico motivo guida del medico) come avevano sempre creduto: si trattava di una fandonia inventata dalla genitrice (una Close in vena di scherzare) per mascherare il proprio libertinaggio post-sessantottino.

Gli indizi principali sulla sua identità conducono all’ex-campione di football Bradshaw (as himself), che gli sconvolti eppur ammirati “ragazzi”, ormai quarantenni, decidono di rintracciare.

Ma, a giustificare la struttura da road movie circolare, sorgeranno rettifiche di percorso verso un irrequieto pusher (Simmons) e uno stimato veterinario (Walken).

Interpretato anche da Ving Rhames (uno sportivo chiacchierone) e dal buffo Katt Williams (un malcapitato autostoppista), il film arranca fino alla svolta finale, lesinando soprattutto sul tratteggio dei personaggi.

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Max Marmotta