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Recensione

Operazione interessante. Un noto fumettista d’esperienza, Igort (al secolo Igor Tuveri), porta al cinema una sua graphic novel. Pare che a insistere sul suo passaggio alla regia sia stato proprio il protagonista Toni Servillo, qui imbruttito da un naso posticcio. Date la cura per i costumi di Nicoletta Taranta e per il make-up (che rimanda vagamente al Dick Tracy di Beatty: qualcuno se lo ricorda ancora?) e la ricercata cinematografia – specie per quel che concerne ombre e colori – di Nicolai Brüel, già proficuamente al servizio di Garrone, si potrebbe quasi parlare di un nostrano Sin City (anche lì l’artefice Frank Miller è direttamente coinvolto), con tassi di violenza maggiormente “ragionati”; d’altronde, lo scollamento tra forma e contenuto si ripropone… 

Infatti, a una resa tecnica praticamente impeccabile non corrisponde automaticamente un plot intrigante fino in fondo (per quanto possa invece risultare tale sulle tavole disegnate). L’azione si svolge in una piovosa Napoli del 1972 che prende a prestito le atmosfere dei migliori noir e di rinomati gangster movies di 20-30-40 anni prima. Peppino (Servillo), killer a riposo orgoglioso della “professionalità” impartita all’amato figliolo Nino (Lorenzo Lancellotti), si mette in cerca dell’assassino (Vincenzo Nemolato) di quest’ultimo e si ritrova a dipanare il complotto che c’è dietro un delitto consumatosi apparentemente – pure agli occhi della platea – per difesa più o meno legittima. Aiutato dal compare perso di vista Totò (Buccirosso, insolitamente sottotono) e da una sua vecchia fiamma, Rita (Valeria Golino), l’ex-sicario lascia dietro di sé una spessa scia di sangue. E il retroscena è addirittura più diabolico del previsto. 

Come accennato, non c’è però da aspettarsi vere sorprese. C’è stile, quello sì, e per quanto sia evidentemente mutuato (aleggia perfino qualcosa di John Woo), è comunque frutto di una rielaborazione adeguata, a suo modo chic. Le pallottole fischiano fra luci misurate, l’impiego del dialetto è soppesato (e contribuisce a stabilire un tono), ogni capitolo è inaugurato da un’elegante “copertina”. Il film, presentato alle Giornate degli Autori dell’ultimo festival di Venezia, non si preoccupa di piazzare una morale, perché in fondo si tratta di un gioco (al massacro); vuole piuttosto farsi ricordare – ribadiamo – per i suoi non indifferanti atouts visivi. L’ufficio casting ha scelto oculatamente parecchi volti campani per i ruoli secondari, dal boss Gigio Morra al dottore Nello Mascia (che spesso lavora con i protagonista, vedi L’uomo in più, La ragazza del lago o Gorbaciof), fino a una “virginale” Iaia Forte (per chi la nota).

Max Marmotta