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Trama

Nella piccola comunità di Darkness Falls aleggia una leggenda: lo spirito di Matilda Dixon, una vecchina che 150 anni prima regalava una moneta a tutti i bimbi del luogo a cui cadeva un dente, la quale rimase orribilmente sfigurata a seguito di un incendio (tanto che si mise a vagare soltanto di notte) e fu ingiustamente impiccata per la scomparsa di due ragazzini, verrebbe ancora a trovare tutti i marmocchi a cui si apre l’ultima finestrella in bocca.

A Kyle successe davvero, e fu l’unico a salvarsi grazie alla luce, temuta dallo spettro, che ammazza se guardato negli occhi; purtroppo sua madre quella sera rimase uccisa, e del delitto fu accusato lui.

Ancora traumatizzato e sempre munito di torce, il giovanotto fa ritorno dopo parecchio nel suo paese natale su preghiera dell’amica di un tempo Cat (ormai unita a Larry), preoccupata per il fratellino Michael.

In effetti, quest’ultimo è afflitto dalla medesima persecutrice che ossessiona Kyle. Nella caccia rimangono coinvolti il manesco Ray, il poliziotto Thomas e il figlio e collega Matt.

Recensione

Che si può dire di un horror lapalissianamente di serie B, ancorato a brividi rodati e a un babau “regolamentato” come da manuale e non proprio incorporeo (non è chiaro il perché), la cosiddetta “Fata Dentina” (ridicola traduzione di Tooth Fairy, nei cui stracci si cala, non accreditato, Antony Burrows), che non vede l’ora di mostrarsi in tutta la sua bruttezza nelle scene conclusive? Quantomeno che è poco originale e cavalca la tradizione del prodotto di genere distribuito da noi nei mesi estivi, privo di star (il che, purtroppo, spesso equivale a “soggetti recitanti”) o di idee da segnalare (la nictofobia, tra l’altro, funzionava più egregiamente nel semi-fantascientifico Pitch Black).

D’altronde, non sarebbe onesto negare che il regista Liebesman abbia una mano discreta, e lo dimostra in più di una scena (nell’incipit soprattutto), o che il finale sfugga, ed era ora!, alla sequel-mania (almeno ci prova; poi, chi può dirlo?).

Segnalazione a parte meritano, si fa per dire, gli “infernali” titoli di coda, della durata di circa dieci minuti: in percentuale, su un film di un’ora e venticinque, quanto fa? .

Max Marmotta