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Trama

In un cantiere iraniano lavorano, oltre ad operai locali, molti immigrati tra turchi, curdi e afgani. Latif è un ragazzo che si occupa di portare il tè e preparare il pranzo agli uomini di fatica, però il suo carattere irruente è spesso causa di attriti.

Il capocantiere Memar, anch’egli balcanico, non fa altro che lamentarsi, ma in fondo è generoso: infatti, accetta la proposta del vecchio Soltan di sostituire l’infortunato Najaf, pure lui irregolare, con il figlio Rahmat.

Appare sin da subito evidente che in nuovo arrivato non è in grado di maneggiare carichi pesanti, perciò gli vengono affidate le mansioni di Latif, che non la prende bene.

Spiando Rahmat per screditarlo alla prima occasione, il giovane scopre qualcosa che gli fa cambiare prospettiva… .

Recensione

Dall’invasione russa (1979) in poi, il popolo afgano sembra non conoscere requie. Questo piccolo film, ottimamente diretto e montato, capace persino di incursioni nella commedia, è dedicato alla dignità e alla fatica dei poveri abitanti di questa terra martoriata, costretti ad emigrare nei Paesi vicini, ad accettare impieghi sottopagati e a nascondersi ogniqualvolta arrivino gli ispettori del lavoro.

Ma c’è qualcosa di più: un insospettabile e silenzioso meccanismo amoroso, che scatta quando meno te l’aspetti e si fa motore delle azioni più nobili e disinteressate.

Indubbia qualità del regista Majidi, alquanto importante in oriente e premiato in parecchi festival del globo, è lo stile narrativo, fluido, privo di ridondanze e in grado di ottenere (e mantenere) l’attenzione del pubblico.

Max Marmotta