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Recensione

Ci sono film di cui, a prescindere dal successo, non si dovrebbero confezionare seguiti, neppure se, come in questo caso, la fonte fosse una serie di best sellers (il che implica molto materiale); neppure se la prima trasposizione, dotata di misura e sapiente descrizione dei personaggi, divertente quanto si vuole, si fosse rivelata uno dei migliori incassi degli ultimi tempi.

Ogni saga è destinata, presto o tardi, a evidenziare fasi di stanca; in tal frangente, poi, il filone appare già esaurito, selvaggiamente saccheggiato sin dalla seconda puntata.

Ricapitoliamo: la simpatica e insicura Bridget Jones (Renée Zellweger, della quale non osiamo mettere in dubbio la bravura), rubiconda (male) impiegata, incline al bicchierino e alla sigaretta, quando è in imbarazzo anche alla parolaccia, dopo lustri di solitudine e delusioni d’amore, speronata per giunta dallo squalo rubacuori e fedifrago (all’epoca perfino suo superiore) Daniel Cleaver (Hugh Grant, che ventila, dopo questo film, l’abbandono dei set), sembra aver trovato, da ben sei settimane, la serenità tra le braccia dell’apparentemente rigido, in realtà tenero, e valente, avvocato Mark Darcy (Colin Firth, vent’anni per raggiungere la meritata popolarità; meglio essere oculati…).

Ma l’indomita ex-ragazza ha talento per cacciarsi nei guai: s’ingelosisce per la costante presenza lavorativa di una longilinea collega di Mark, Rebecca (Jacinda Barrett) e accetta un incarico in Thailandia a fianco del viscido Daniel.

Non che le occasioni di ridacchiare siano completamente assenti, ma la trama spazia dal farsesco al potenzialmente drammatico con eccessiva nonchalance, lasciando perlopiù freddo lo spettatore.

Ne escono sacrificati soprattutto i caratteri, ridotti alla stregua di macchiette, a partire da Bridget, caracollante, smorfiosa e dal collo teso, fino ai suoi genitori, figure incupite; da un Darcy meno saldo a un Cleaver più baggiano.

E dire che la regista Beeban Kidron (l’indipendente Antonia e Jane, il lussuoso La vedova americana, lo scherzoso A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar, il letterario Lo straniero che venne dal mare) aveva dalla sua il mestiere, che la rendeva più quotata della predecessora Sharon Maguire.

Max Marmotta