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Recensione

Giunta alla terza regia (dopo Nella terra del sangue e del miele e Unbroken), la Jolie stavolta recita pure, sommando al suo il cognome del marito (nota da gossip: considerate le esperienze di Joanne WhalleyKilmer, Courteney Cox Arquette e Robin Wright Penn, porta bene?).

Dal canto suo Pitt – che conobbe la futura consorte sul finora unico set calcato con lei, quello di Mr.

& Mrs. Smith – nella sua lunga carriera non era stato ancora guidato da una signora.

Dato poco significativo, poiché la crisi di idee non conosce generi: l’autrice prepara una splendida cornice, una cittadina costiera della Francia degli anni ’70, ma non riesce a inserirvi un degno quadro, perlopiù indugiando o riciclando concetti psico-cinematografici, su tutti il voyeurismo.

Così i protagonisti, uno scrittore che cerca ispirazione nella bottiglia e un’ex-ballerina chiusa in se stessa coniugati da 14 anni, s’infilano a tempo indeterminato (i soldi non sono evidentemente un problema) nella loro camera d’albergo e dischiudono pian piano i motivi dei loro malesseri di coppia, ritrovando interesse per la vita grazie a un buco nel muro – chissà come insonorizzato e notato soltanto da loro – che permette di spiare gli sposini (in teoria più giovani) della stanza accanto.

Con l’aggiunta dei trascorsi del disilluso barista (un grande Arestrup), tre stagioni dell’amore a confronto, con un piccolo fossato (simboleggiato nell’ultima sequenza) da superare.

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Max Marmotta