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Recensione

Ultimo blockbuster della stagione (preferiamo ancora considerare che si chiuda a luglio), nonché definitivo trait d’union con il collettivo film di supereroi (vi tornano Thor, Iron Man, Hulk) in arrivo nel maggio 2012, I Vendicatori (oltre all’ormai consueta scena aggiuntiva, dopo i titoli di coda ce n’è un vero e proprio trailer), Captain America è la trasposizione su grande schermo delle origini dell’eroe Marvel creato da Jack Kirby e Joe Simon, per i suoi colori patriottici e per il suo onesto coraggio uno dei più amati e rappresentativi, almeno negli USA.

Premesso che, nel rispetto della fonte, la sua vicenda è ancorata a vicende storiche tristi (la guerra, il nazismo), rispetto a cui un intrattenimento spensierato è forse poco consono (lo stesso vale per l’adolescenza del Magneto degli X-Men), non c’è dubbio che il regista Joe Johnston, esperto di spettacoli per un pubblico giovane (Jumanji, Cielo d’ottobre, Jurassic Park III, Wolfman), abbia fatto un buon lavoro.

La tenacia del protagonista (un aderente Evans, già Torcia Umana ne I Fantastici 4), nel 1942 gracile aspirante soldato (l’attore è stato “ridotto” con trucchi digitali), poi soggetto dell’esperimento del meticoloso dottor Erskine (Tucci), che ne fa un prestante omone, è ben descritta, al pari della sua abnegazione, per la quale accetta di diventare una specie di fenomeno da baraccone per incoraggiare le truppe.

Il momento del riscatto arriva quando affronta le dilaganti mire del cosiddetto Teschio Rosso (Weaving), graduato tedesco che si allontana da Hitler per esibire la propria autonoma crudeltà.

Interpreti al posto giusto (dal roccioso superiore T.L. Jones alla combattiva collega Atwell, dall’inventivo Cooper – nella finzione Stark sr. – all’immancabile cameo finale di S.L. Jackson/Nick Fury) e ritmo adeguato. Solo un po’ di (inevitabile) prosopopea.

Max Marmotta