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Recensione

Chi è Michael Apted? Non l’ultimo arrivato: una vecchia volpe inglese che nell’arco di una lunga carriera (iniziata in tv negli anni ’60), non disdegnando qualche incursione nella serialità di 007 e de Le cronache di Narnia, ha messo in fila film noti (La ragazza di Nashville, Chiamami aquila, Gorky Park, Nell) e meno noti (Cuore di tuono, Occhi nelle tenebre), talvolta lasciando il segno (Gorilla nella nebbia, Conflitto di classe), talaltra sbagliando clamorosamente (Enigma, Via dall’incubo).

Purtroppo questo pur incalzante thriller s’avvicina maggiormente all’ultima categoria.

Colpa del macchinoso (e non deprecabilmente “conciliante”) script di Peter O’Brien, che tende a istupidire la protagonista (la volenterosa Rapace), agente della CIA esperta in interrogatori (con pesanti sensi di colpa per un attentato non sventato) la quale si ritrova a Londra a torchiare un terrorista in presenza dei “colleghi” sbagliati (segue corsa contro il tempo per riparare all’errore).

La sua debolezza strategica (va meglio nei corpo a corpo) diventa mortificante, mentre – per l’appunto – non si chiede da dove sbuchi (con tanta puntualità) il topo d’appartamento dai trascorsi guerreschi (un interessante Bloom) che la accompagna per un tratto d’indagine.

E sorvoliamo sull’inarrestabile killer che spara sui giubbotti antiproiettile e sui morti ignorati.

Una spanna sopra gli altri i “quadri”: Collette e soprattutto Douglas e Malkovich. .

Max Marmotta