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Recensione

Il confronto deflagrante tra ceti sociali diversi portati a convivere da circostanze impreviste è un espediente vecchio al cinema, ma tuttora efficace.

La regista brasiliana Anna Muylaert si è assunta i suoi rischi: le trappole frequenti, in simili casi, comportano la creazione di triti stereotipi o, nella migliore delle ipotesi, di risvolti ampiamente prevedibili.

E non è che il suo film se ne svincoli (anzi, non ce ne sarebbe modo), però riesce a puntare sul meglio: un tono generale senza enfasi (tentazione forte per molti cineasti), una sommessa allegoria sui rapporti tra popolo chino e poteri forti e “magnanimi”, l’indiscutibile bravura della protagonista Regina Casé.

L’attrice interpreta con impressionante aderenza Val, donna di umili origini (proviene dal nord del Paese) che lavora a servizio, e abita, da parecchi anni nella casa di una ricca famiglia di San Paolo, formata da un pigro ereditiere (Mutarelli), la sua sostanzialmente arcigna moglie (Teles) e il figlio adolescente (Joelsas), ancora lontano dal prendersi delle responsabilità e coccolato dalla domestica come se fosse il suo bambino.

A scapito, vien fuori, di Jéssica (Márdila), di cui è davvero la madre e che, presa dai suoi doveri, non vede da un decennio.

La ragazza – ormai giovane donna affatto sprovveduta – s’insedia a sorpresa nella lussuosa magione (deve superare l’esame di ammissione alla locale facoltà di architettura), e poiché non le manda a dire innesca un (salutare) cortocircuito fra i suoi ospiti, ossequiosa genitrice compresa.

Da apprezzare.

Max Marmotta