Video & Photo

1 videos

Trama

Pablo, detto Biglia (ne ha sempre una con sé), ha 12 anni e non gode della considerazione dei compagni di scuola, benché partecipi ad un assurdo gioco che consiste nel contendersi un oggetto sulle rotaie mentre sopraggiunge il treno.

Suo padre Mariano lo maltratta, anche perché non lo ritiene degno di un altro figlio morto anni prima, e la scontrosa madre Aurora e la rimbambita nonna non sanno impedirlo.

Quando in classe di Biglia arriva Alfredo, tra i due ragazzini, entrambi isolati, si instaura un solido legame.

Pablo viene persino invitato in gita dalla calorosa famiglia del suo nuovo amico, formata dai genitori Marisa e José, che di mestiere fa i tatuaggi, e dal piccolo Juan, in compagnia pure di Alfonso e Laura, loro vecchie conoscenze.

Purtroppo, quella serenità è uno stato passeggero.

Recensione

Comincia sommessamente, come una storia comune ma ben raccontata di infanzia solitaria, complicata, argomento su cui si sta specializzando, con buoni risultati, il cinema iberico (si pensi a Krámpack o all’inedito Barrio); poi, pian piano, si schiude l’incubo nel quale è imprigionato Biglia, con aggiunte sempre più insostenibili.

Non si tende allo scandalo o all’effettaccio, piuttosto si punta il dito civilmente su una delle tante brutture umane mai debellate (ebbene sì, continuano ad esistere anche quando non vanno più di “moda” e se ne parla di meno): la violenza domestica.

Il film si nutre di piccoli aneddoti quotidiani, tutto è credibile nella sceneggiatura (fatta salva forse la facilità con cui personaggi aprono la porta a chiunque bussi).

Seguire le scorribande dei due amichetti per tutta la prima parte della trama, inoltre, aiuta ad immedesimarsi nella loro dimensione, a percepire l’inspiegabilità di certi comportamenti dei grandi, finanche di quelli praticamente inappuntabili.

José, soprattutto, è tratteggiato con estrema attenzione: è comunque un genitore che deve farsi rispettare e può sbagliare.

Difficile non commuoversi.

Max Marmotta